Salvo Basso scriveva dappertutto. Su fogli A4, tovaglioli,
agende, brochure, con una scrittura nervosa e illeggibile fino
al limite di un segno che finisce per risucchiare ogni significato.
A una prima scorsa, penso che Basso scrivesse non
solo per accertarsi della propria presenza in qualsiasi istante
del tempo; ma anche per necessità comunicative con il mondo,
e cioè con l’altro da sé.
(Sebastiano Leotta, dalla premessa a «Un pensiero che non finisce»)